Beatrice
Marazzini
Beatrice Marazzini è nata a Firenze nel 1987. Architetto, è una Cosmica meticolosa, protesa all’ottimizzazione dei tempi e al rispetto dei tecnicismi. La tempra balcanica incontra l’effervescenza del popolo siciliano, due radici che in Beatrice formano una terra di mezzo dove costruire bene è l’unica azione possibile. Con alle spalle un’esperienza di project managment per il retail di lusso, Beatrice vede il futuro come un luogo, una fonte di ispirazione che può avere varie forme, sempre a misura d’uomo. Come lei, gli spazi devono saper sdrammatizzare, alleggerire, essere il punto ideale a cui tornare o dove lavorare. Curiosa e appassionata di arte, compresa quella culinaria, condivide con le Cosmic Latte il desiderio di rappresentare una fabbrica di idee per la creazione di un mondo equo, in cui l’architettura è quello spazio mentale e fisico dove muoversi liberamente, in connessione con la natura.
In te si fondono due culture differenti. In che modo le tue radici, italiane e straniere, rappresentano un plusvalore nel fare progettuale
In architettura il sincretismo culturale rappresenta un’opportunità di unicità, per non scadere nell’omologazione. Nel mio caso questo mix di origini, siciliane e balcaniche, si è tradotto in un desiderio di leggerezza. Come Calvino desiderava togliere peso ai suoi testi per non appesantire la struttura, allo stesso modo io cerco di realizzare uno spazio ideale equilibrato, leggero, anche nel senso di una capacità di alleggerimento dal quotidiano.
Quindi lo spazio ideale è…
Mi piace pensarlo come una terra di mezzo. Ho alle spalle un’esperienza di project managment per il retail di lusso, ma abitare ha tutto un altro senso, deve essere innanzitutto un luogo di ispirazione, possibilmente a misura d’uomo. Uno spazio in grado di sdrammatizzare, a cui tornare con piacere, dove dar sfogo alle proprie passioni – nel mio caso quella culinaria – oppure lavorare con serenità.
Come definiresti lo studio Cosmic Latte?
Una fabbrica di idee per contribuire alla creazione di un mondo equo, in cui l’architettura, anche di interni, è quello spazio mentale e fisico dove muoversi liberamente, in connessione con la natura. Oggi, più di ieri, c’è bisogno di dare un altro e più ampio significato al verbo costruire: l’architettura non deve rappresentare se stessa ma la società eterogenea, la libertà delle idee, la bellezza di un punto di incontro tra differenti identità. Proprio come nel nostro caso, si tratta di un cosmo affascinante ancora tutto da scoprire.